La Zona Rossa dell’AI (e di Noi Stessi)
Nelle auto sportive c’è il contagiri, quello strumento che ti dice quanto sei vicino a far fondere il motore.
Quando i giri salgono nella zona rossa, la performance spinge al massimo… per un po’. Se lo fai troppo spesso o per troppo tempo, però, il motore cede.
Nel lavoro succede qualcosa di simile, e l’intelligenza artificiale non fa eccezione.
Esistono due tipi di “zona rossa”.
Gli atleti sanno che l’ultimo 5% dello sforzo determina il 100% del risultato. Lo stesso vale per un pianista, per un designer, per chiunque si giochi tutto sulla qualità estrema.
In questi casi, spingere nella zona rossa ha senso: è ciò che ti distingue davvero.
Ma per tanti lavori, e in molti processi che oggi cerchiamo di ottimizzare con l’AI, l’ultimo 5% di sforzo produce… un 5% di risultato.
Un broker che continua a chiamare clienti fino a notte fonda non guadagna in proporzione: semplicemente si affatica di più.
E chi, spinto dalla voglia di “fare un po’ meglio”, continua ad aggiungere lavoro lineare a un compito lineare, finisce per distruggere proprio ciò che voleva migliorare.
Il paradosso è che la curva di ricompensa non è sempre esponenziale: a volte è piatta.
E se non lo capiamo, restiamo intrappolati nella zona rossa per abitudine, ambizione o ansia… invece che per strategia.
Con l’AI vale ancora di più.
Non tutte le attività meritano di essere portate al limite; alcune richiedono creatività, altre richiedono solo ottimizzazione intelligente, altre ancora funzionano meglio se lasciamo fare alle macchine e concentriamo il nostro “ultimo 5%” dove fa realmente la differenza.
𝗦𝗲 𝘀𝘁𝗮𝗶 𝗲𝗻𝘁𝗿𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘇𝗼𝗻𝗮 𝗿𝗼𝘀𝘀𝗮, 𝗰𝗵𝗶𝗲𝗱𝗶𝘁𝗶 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵𝗲. 𝗘 𝘀𝗼𝗽𝗿𝗮𝘁𝘁𝘂𝘁𝘁𝗼: 𝗽𝗲𝗿 𝗼𝘁𝘁𝗲𝗻𝗲𝗿𝗲 𝗰𝗼𝘀𝗮
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