Apple ha annunciato che il suo prossimo smartwatch integrerà la rilevazione della pressione arteriosa, il principale fattore di rischio cardiovascolare.
Una mossa ambiziosa, che merita alcune riflessi
1️⃣ Apple e la promessa (non ancora mantenuta).
Nel 2019 Tim Cook dichiarò che “il più grande contributo di Apple all’umanità sarà nel settore salute”. Parole forti, che hanno alimentato grandi aspettative.
Eppure, a oggi, i risultati sono stati modesti. Guardando all’impatto delle Big Tech in sanità, metterei Apple in fondo alla classifica:
• Nvidia
• Microsoft
• Google
• Amazon
• Apple
Il potenziale c’è, ma non si è ancora concretizzato.
2️⃣ Il mito del monitoraggio continuo.
Ho testato in prima persona un sistema di monitoraggio continuo della pressione alcuni mesi fa, un’esperienza deludente.
Personalmente non credo nel monitoraggio continuo. Preferisco un approccio strategico: misurazioni mirate, integrate in una visione clinica più ampia.
3️⃣ Le grandi ambizioni di Apple.
Apple in passato ha valutato di entrare nel mondo assicurativo, con un modello che avrebbe potuto innovare la customer experience. Niente di fatto.
Ora guarda al futuro con l’idea di un “AI doctor” nel 2026. Un progetto tanto visionario quanto complesso, da osservare con attenzione.
4️⃣ I limiti strutturali.
I wearable sono strumenti interessanti, ma non possono da soli risolvere i problemi più grandi della sanità.
Apple continua a puntare su un approccio esclusivamente digitale. Ma la direzione giusta oggi è un modello ibrido: digitale-first, sì, ma con solide interazioni fisiche.
C’è poi il tema del prezzo: i prodotti Apple rimangono inaccessibili a molti. E se solo i “healthy wealthy” possono permetterseli, l’impatto sulla salute pubblica resterà inevitabilmente limitato.
Apple ha la forza per cambiare davvero la salute digitale, ma serve pragmatismo. Non bastano dispositivi premium: occorre un ecosistema che integri clinica, sostenibilità ed equità di accesso. Solo così il sogno del 2019 potrà diventare realtà.


